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- E' noto che l'ingresso in Italia della musica wagneriana, ad opera principalmente
di Boito e Mariani tra il 1860 ed il 1870, portò gli ambienti "scapigliati" e la critica
più "europeista" ad accusare Verdi di essere un retrivo, di non seguire l'evoluzione
sinfonica dell'opera tedesca, in netto contrasto con gli incredibili successi di pubblico ottenuti
dal bussetano.
Tra le critiche spicca quella all'armonizzazione, che in Verdi spesso è basata su
concatenazioni semplici, apparentemente immuni dalle novità che il romanticismo europeo
aveva introdotto.
- In realtà la poca ricercatezza armonica, l'uso esagerato di settime
diminuite, la mancanza di settime di seconda e quarta specie, sono caratteristiche proprie del dramma verdiano,
e non possono essere viste come carenze di approfondimento o di conoscenza: il mito di un
Verdi "ruspante", che a colpi di toniche e dominanti realizza opere popolari nella totale ignoranza
delle opere strumentali di Schubert, Schumann, Chopin e Brahms, non corrisponde alla realtà
di un uomo che annoverava proprio Schubert tra i suoi compositori preferiti.
Evidentemente è diversa la prospettiva in cui Verdi si poneva di fronte all'opera: il predominio
della costruzione drammatica, della melodia spiegata, dell'aderenza metrica e della pulsione
ritmica sull'armonia sono le ragioni che ne determinano la "povertà" armonica.
- Ma Verdi non era insensibile alle critiche, e con Aida si assiste in effetti
a delle novità armoniche di rilievo, che si svilupperanno nel rifacimento del Don Carlos
e troveranno completa realizzazione in Otello.
Oltre all'introduzione di richiami modali nei cori, per echeggiare un certo arcaismo, notiamo una
grande ricchezza di modulazioni, la presenza di settime secondarie sinora rarissime, ed un gusto
"sperimentale" che talvolta risulta decisamente "forzato", ma quando riesce naturale spesso salta
il wagnerismo per approdare direttamente ad atmosfere postwagneriane.
- Si profila così un percorso di totale indipendenza da Wagner nella musica
verdiana: il tedesco fu certamente un potente stimolo al ritorno sulle scene ed al rinnovamento
per Verdi, ma non certo nella direzione seguita dal genio teutonico.
Possiamo affermare che Verdi si rinnovò seguendo la sua strada, che a tratti pare incrociarsi
con quella wagneriana, ma è solo un'impressione: il bussetano sta sempre seguendo le sue idee,
come appare evidente poche battute dopo.
- Tornando all'Aida, facciamo alcuni esempi di quanto sopra esposto:
lo "sperimentalismo" verdiano è evidente in brani come il celebre O cieli azzurri,
in cui la scansione ritmica, lo spostamento di accenti metrici e l'armonia cangiante provocano
un vero disorientamento a chi ascolti con orecchi abituati al Verdi precedente.
Talvolta i risultati, come nell'oscillazione maggiore/minore in fine della prima frase, suonano
chiaramente forzati, come se Verdi stesse cercando di essere "moderno a tutti i costi": la critica
oggi può trovare in simili passi delle vere "perle", ma riportando l'effetto all'epoca di
composizione la forzatura risulta evidente.
- In altri momenti invece i risultati sono di eccezionale bellezza: in
Celeste Aida la melodia spiegata si arricchisce di un'armonizzazione modulante che ne
moltiplica lo slancio e l'interesse musicale; la rara settima di seconda specie all'apice della
sezione centrale è un vero capolavoro, ed anticipa un tipico stilema pucciniano.
Nel finale dell'aria troviamo ritardi di sapore bachiano, accordi orchestrali modulanti alla
Schubert e addirittura echi della sonata Les Adieux di Beethoven.
All'inizio dell'Atto Terzo l'atmosfera rarefatta anticipa il neoclassicismo con i suoi arcaismi,
mentre Pur ti riveggo è interessante per il diverso uso dei vecchi moduli verdiani.
In Tu...Amonasro troviamo frammenti armonici degni del miglior romanticismo sinfonico
europeo, e in Ohimè...morir mi sento l'orchestrazione sembra tratta da una sinfonia
di Ciaikovskj. Nel finale dell'opera, dopo che il tenore ha cantato troppo t'amai, troppo sei bella
Aida si esibisce su un accompagnamento armonico modernissimo, con un melodizzare a larghi intervalli
di sapore verista ed un'orchestrazione che ricorda passi centrali dello straussiano Zarathustra.
- Un ultimo accenno va fatto al presunto uso dei leit-motiv in Aida.
E' vero che la tecnica dei temi "personali" viene ripresa da Verdi proprio in Aida, dopo un
tentativo fallito in I due Foscari: Aida, Amneris, i Sacerdoti, hanno un tema proprio, ma
la tecnica del loro sviluppo non è sinfonico bensì drammatico, dunque anche in questo caso
diversa da quella wagneriana.
Inoltre, va precisato che temi conduttori non direttamente legati ad un personaggio, ma a situazioni,
sentimenti dominanti e così via si trovano in tutta la produzione verdiana, basti pensare
al tema della "maledizione" in Rigoletto o ai temi del ricordo in Don Carlo.
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