Butterfly: vertice stilistico o debolezza?

di Marco Milano
  • Madama Butterfly è certamente un'opera dalla fortuna critica controversa: da una parte si evidenzia la sua "debolezza" nel paragone con Tosca e Bohème, dall'altra si mette in risalto il primo atto come vertice dello stile melodico-armonico pucciniano.
    I musicologi notano come lo splendido duetto d'amore tra Butterfly e Pinkerton sia una summa del miglior Puccini espresso nei capolavori precedenti, ma rappresenti anche l'ultima sua espressione: un presunto "esaurimento" della vena pucciniana dopo questo duetto porterà al periodo di crisi, che vedrà la nascita della Fanciulla del West. Si ritiene infatti che lo stile di Puccini, espresso in Manon, Tosca e Bohème, fosse per sua natura destinato ad esaurirsi, essendo formato da stilemi melodico-armonici di numero "finito" e non ripetibili. Un'ipotesi certamente interessante, ma che meriterebbe discussioni molto, molto approfondite.

  • Una volta esaurita la vena "nativa", Puccini sarebbe caduto in crisi, e avrebbe tentato altre strade (Fanciulla, Rondine, Trittico) con esiti incerti, sino all'incompiuto capolavoro della Turandot, vista da alcuni come frammentaria ed appartenente ad un "altro Puccini", ormai estraneo alla sua vena primitiva, mentre altri sottolineano come il genio pucciniano abbia saputo fondere la complessità armonica e strutturale raggiunta durante gli anni della crisi con la primigenia vena melodica, creando una sintesi inimitabile.
    Questioni di grande complessità, sulle quali vi invitiamo alla lettura dei numerosi saggi esistenti, soprattutto scritti negli ultimi vent'anni, mentre noi torniamo alla Butterfly: in cosa consisterebbe la debolezza di quest'opera, e come invece il grande duetto d'amore rappresenta un condensato del primo Puccini?

  • La presunta debolezza della Butterfly avrebbe origine dal ritorno di Puccini a forme musicali meno innovative di quelle utilizzate in Tosca e dalla sua somiglianza con la Bohème.
    Per quanto riguarda la prima questione, in effetti in Tosca Puccini aveva utilizzato procedimenti strutturali molto complessi, che non ritroviamo in Madama Butterfly, ma aveva anche sacrificato una vocalità che invece ritorna in Butterfly, e viene arricchita dal recitativo lirico. Non possiamo dire che il tentativo, riuscito, di recuperare il canto sacrificando la ricerca strutturale, delitto per molti musicologi, rappresenti una vera "debolezza" dovendo dare un giudizio musicale globale su un'opera lirica.

  • Passando alle somiglianze con la Bohème, se analizziamo la Butterfly rispetto alla precedente Tosca possiamo certamente notare un ritorno ad atmosfere più rilassate ed idilliache, dopo il sanguigno dramma ambientato a Roma, che riportano al romanticismo intimistico della Bohème, e questo provocò alla Butterfly l'accusa di essere troppo simile ad essa. Ma si tratta di un'impressione molto superficiale, che nella critica di allora fu probabilmente dovuta più al contrasto con la precedente Tosca che ad eccessive somiglianze con il dramma parigino, che come vedremo parlando del duetto d'amore presenta valenze diverse.
    Ad ogni modo, somigliare ad un capolavoro come La Bohème non sarebbe certo stato un difetto: l'accusa contro Puccini era di aver scritto una "brutta copia" di Bohème, una "sorella debole". Oggi però nessuno può più negare i valori originali presenti in Butterfly.
    Certamente non parliamo solo di quel po' di novità melodiche e armoniche provocate dall'esotismo e dal "giapponismo" di maniera, ma dell'evoluzione di Butterfly da ingenua giovane a madre forte e determinata (dal lirismo di Un bel dì vedremo alla drammaticità di Tu, tu piccolo Iddio, che condurrà alla tragedia finale) della presenza di un tenore dal complesso ruolo di cattivo-amante, dell'ironia che pervade molte scene, dell'originalità idilliaca del "Coro muto", una delle pagine più straordinarie del genio di Torre del Lago; ed infine, del grande duetto d'amore di cui ora parleremo più approfonditamente.

  • L'incredibile bellezza del duetto d'amore del primo atto è testimoniata dallo stesso Luigi Illica, coautore con Giuseppe Giacosa del libretto della Butterfly: "poeticità maggiore quasi a quella della scena tra Mimì e Rodolfo", scrisse in una lettera a proposito di questo duetto.
    Mentre nella Bohème il duetto d'amore è breve, ma è preceduto dalle due grandi arie cantate a turno dagli amanti, in Butterfly mancano queste ultime, e tutto il romanticismo è concentrato nel lungo duetto. Il duetto della Butterfly risulta decisamente più passionale, e questo riteniamo sia dovuto alla mancanza dell'elegante patina "francese", fatta di grazia e cavalleria, sostituita da un avventuroso esotismo, nutrito di virile passionalità. Proprio come un amore sui tetti di Parigi è più struggente ed intimistico, mentre un amore nell'oriente misterioso è più avventuroso e "mitico". A questo si aggiunge poi la passionalità di Pinkerton, che è certamente più simile a Cavaradossi che a Rodolfo, affiancata all'innocenza ed alla purezza di Butterfly (invece che alla forte personalità ed alla gelosia di Tosca): ecco perché questo duetto in realtà può essere pensato come la fusione "iper-romantica" tra quello struggente della Bohème e quello di Tosca, anch'esso lunghissimo e di grande slancio passionale. E una simile fusione non poteva che generare un concentrato del miglior Puccini: un autentico climax del melodramma italiano.


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