La Bohème: musica ed emozione

di Marco Milano

  • La Bohème è tra le opere più rappresentate nella storia del teatro, e si può ben dire che lo meriti: capolavoro indiscusso del grande maestro di Torre del Lago, essa rappresenta la perfetta incarnazione del tardo romanticismo, ove la vena "eroica", le passioni divoranti, la tensione verso una natura "divina" hanno lasciato il posto ai sentimenti quotidiani, alla rappresentazione di un modo di vivere che fu proprio detto bohémien (termine proveniente dal romanzo "Scènes de la vie de bohème" di Henri Murger, 1848, cui si ispirarono Illica e Giacosa nella composizione del libretto dell'opera pucciniana, utilizzando anche la trasposizione teatrale di Barrière dal titolo "La vie de Bohème"), ad un romanticismo malinconico e "struggente", fatto di tenerezza, di giovani coppie di artisti amanti, con l'ombra della morte che non riesce a trasfigurare le eroine come accadeva nel primo romanticismo, ma le rende ancora più fragili ed umane, e proprio per questo commuove infinitamente di più.

  • Proprio la commozione è uno dei punti forti della Bohème: mentre trovare persone che si commuovano ancora per la morte di un'eroina del belcanto, donizettiana o verdiana, che decede accompagnata da un Allegro orchestrale in tonalità maggiore recitando frasi d'altri tempi, è cosa decisamente rara, quasi nessuno (anche dopo decine e decine di ascolti) riesce a resistere ai lancinanti "Mimì" esclamati da Rodolfo alla morte dell'amata, accompagnato da uno dei temi più struggenti e disperati della storia della musica.
    Spesso anche i direttori d'orchestra piangono come bambini mentre dirigono alcune parti della Bohème, come testimoniato da molti orchestrali!
    Ma qual è il segreto di questa commozione, quali sono i motivi musicali e teatrali di tanta presa sul pubblico?

  • Alcune delle ragioni sono già state espresse: i personaggi sono giovani, umani, fragili, senza eroismi, dunque lo spettatore riesce ad immedesimarsi ancora oggi, ad un secolo di distanza, mentre le vicende di re e regine, di eroine e cavalieri, nobili e nobildonne risentono ovviamente del tempo trascorso, impedendo una totale identificazione.
    La morte triste e disperata, non eroica ma sommessa, sembra la morte che colpisce ciascuno di noi, quella che porta via le persone che amiamo, dunque ci colpisce profondamente.
    Ma ci sono anche altre ragioni, prettamente musicali, nelle melodie, nei temi conduttori, nella scelta delle armonie e della strumentazione, tutte cose in cui Puccini è stato grande maestro. Andiamo ad analizzarne un paio in dettaglio.

  • Partiamo proprio dalle struggenti battute finali: il tema utilizzato da Puccini è lo stesso cantato da Mimì pochi minuti prima, nel celebre "Sono andati... fingevo di dormire", ma esso era presentato in tonalità di Do minore, in piano e con orchestrazione ridotta. Nel finale esso viene alzato di un semitono, alla tonalità di Do# minore, cosa che dà un effetto psicologico di maggiore intensità e penetrazione, e viene presentato in fortissimo; l'orchestrazione è mutata da pochi strumenti, con sapore cameristico, alla piena orchestra, con effetto di grande suggestione. Il ritmo, che già nella presentazione fatta da Mimì ricordava una marcia funebre per la sua uniformità e lentezza, nel finale si scopre completamente come tale, e viene fatto terminare con il tipico ritmo puntato proprio di tale marcia. Il tema esplode improvvisamente, preparato dalle richieste ansiose di Rodolfo, con grande teatralità, e la dinamica del crescendo e del successivo diminuendo è posta sui vari incisi del tema alla perfezione per ottenere la maggiore commozione. Il tocco da maestro è infine la collocazione delle grida "Mimì", che Rodolfo deve eseguire a tempo in punti ben determinati del tema, anch'essi pensati per il migliore effetto psicologico: dopo l'esposizione del primo inciso tematico, che ottiene l'effetto di irruzione della tragedia, c'è il primo "Mimì", seguito dal secondo, più struggente inciso tematico, cui fa seguito il secondo "Mimì", e qui le lacrime sono assicurate, e sostenute dal seguito del tema, di profonda malinconia e punteggiato dai singhiozzi di Rodolfo, che si fondono con quelli dell'ascoltatore e con l'inciso più malinconico del tema con un'autentica sinergia perfetta.

  • Un altro punto di grande commozione è il duetto che segue il Sono andati: qui Rodolfo è al capezzale di Mimì, e Puccini rende musicalmente il prorompere dei ricordi e delle sensazioni dell'amore vissuto insieme dai due giovani tramite la rievocazione dei temi più importanti degli atti precedenti, giungendo sino allo scambio dei ruoli, con Mimì che canta l'inizio di "Che gelida manina". Questa struttura musicale è perfettamente ricalcata sulle reali emozioni che ognuno di noi proverebbe accanto alla persona amata malata, e questo ci coinvolge in prima persona: il "ti ricordi dei giorni felici" è la naturale reazione dell'animo umano ad una tale situazione, ove i ricordi vengono resi più trasparenti, essenziali e struggenti dalla drammaticità della malattia, così come l'immedesimarsi nelle emozioni provate allora dalla persona amata sino allo scambio dei ruoli. Altro effetto meraviglioso è la rievocazione dell'aria "Mi chiamano Mimì", compiuto due volte in tonalità sempre più basse e sempre più pianissimo, che rende musicalmente lo spegnersi della vita in Mimì. Il "te lo rammenti" riprende un tema del primo incontro con un'armonizzazione ancora più romantica, con l'uso tipicamente pucciniano delle settime secondarie, settime che con il loro inconfondibile sapore sono la vera chiave dell'effetto profondo dell'armonia in Puccini. La bellezza del tema è ancora più accentuata dal senso di amore vissuto nel passato, ora rivissuto più intensamente e sentito come vicino alla inattingibilità, che tale armonizzazione rende alla perfezione, creando un'atmosfera incredibilmente vicina alle sensazioni del nostro intimo.

  • È proprio questa vicinanza al nostro animo, a quella parte dell'uomo che non cambia con le epoche e con l'età, che accomuna il sentire di persone totalmente diverse, ad essere il vero capolavoro di Puccini: tutti ci ritroviamo, provando le sensazioni più intime e personali in un perfetto equilibrio tra scena e musica, una musica che penetra in noi con quel sapore caratteristico, quasi Proustiano, spingendoci alla ricerca delle sensazioni passate ma non dimenticate, riportandole alle luce sino alla catarsi del pianto.
    Nulla più della musica pucciniana è maggiormente vicino alla radice interiore dei nostri sentimenti, dandoci emozioni che riconosciamo come nostre, come già presenti in fondo al nostro animo ed evocate in pienezza da quelle armonie.


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