José Carreras

Dati anagrafici: Nato a Barcellona (Spagna) il 5.12.1946
Insegnanti: J.F. Puig
Debutto: 1970, in Nabucco di G. Verdi come Ismaele
Il meglio: West Side Story diretto da Bernstein con Kiri Te Kanawa
Il peggio:

Intervista con La Barcaccia

Intervista di Enrico Stinchelli a José Carreras a Roma in occasione del concerto di beneficenza al teatro Parioli.

ES: Buongiorno Maestro, bentornato a Roma.
JC: Mille grazie, buongiorno.

ES: Come sta?
JC: Sto bene grazie. Sono pronto per questo recital al teatro Parioli sabato, e felice di essere di nuovo a Roma per motivi professionali e per l'appoggio alla fondazione internazionale Josè Carreras che lotta contro la leucemia, e allo stesso tempo, in questo caso concreto, per collaborare insieme all'ADMO, che è l'associazione donatori midollo osseo italiana.

ES: Una vita molto intensa, più intensa che mai... o sbaglio?
JC: Intensa sì grazie a Dio io... a parte la mia attività artistica, la mia attività professionale, la mia vita ha una priorità, un traguardo importante che è la lotta alla leucemia e cerco di dedicare la mia energia e il mio entusiasmo tutto a questa crociata.

ES: Stiamo aspettando che esca l'edizione italiana dell'autobiografia di Josè Carreras che si intitola "Cantare con l'anima". Cosa significa "Cantare con l'anima?"
JC: Noi cantiamo con le emozioni, con i sentimenti, l'anima è un insieme di questi sentimenti e di queste emozioni.

ES: È difficile definire l'anima, soprattutto nel teatro che è il luogo della finzione e del trucco quindi l'anima si può truccare in qualche modo oppure cantare con l'anima è cantare con una verità con una spontaneità perenne?
JC: Io penso di sì perche l'anima è il motore di tutte queste emozioni, è l'inizio del canto, è dentro di noi, lo strumento è la voce ma è il cervello che dà l'input per le diverse azioni quindi io credo fermamente che il canto inizî nell'anima.

ES: Questo impulso guida il cantante anche quando deve cercare la sua voce, quando la deve riscaldare... si canta con l'anima anche facendo i vocalizzi per esempio?
JS: No, il fatto dei vocalizzi è molto più meccanico, non stai interpretando non sei un personaggio, non stai cercando di esprimerti sia a livello musicale che a livello di testo che a livello drammatico, è diverso ma quando si entra in un ruolo operistico oppure in una canzone che ha una storia a sè, allora è l'anima che si esprime.

ES: Ho sentito prima nella conferenza stampa i tre personaggi preferiti: Riccardo nel Ballo in Maschera, Don Josè e Rodolfo. Quali sono i motivi di questa preferenze?
JC: È molto difficile dire i motivi delle preferenze, suppongo ci siano delle affinità di carattere, e poi riesco ad affrontarli credo vocalmente bene. Altri personaggi mi sono cari, Andrea Chenier, Alvaro della Forza del Destino... il tenore è molto privilegiato perchè ha una rosa di ruoli tra cui scegliere veramente vasta.

ES: Un tempo c'era una distinzione più rigorosa dei repertori adesso il fatto che è caduta un po' questa barriera tra i vari repertori permette ai tenori di affrontare ruoli molto diversi tra loro. Pensa sia un privilegio concesso solo ai tenori super, oppure un naturale evolversi della tecnica del canto che permette a tutti di affrontare vocalità così diverse?
JC: Io credo ai limiti di un cantante, soprattutto ai miei, non credo nelle "specializzazioni". Non ha senso dire: "Questo tenore è verdiano oppure questa cantante è donizettiana". Le distinzioni dei ruoli si sono fatte negli anni '60 e negli anni '70 prima non si facevano. Se uno canta rispettando lo stile, rispettando il compositore saranno il pubblico e la critica a giudicare se è valido o non valido.

ES: Il pubblico e la critica influenzano qualche volta le sue scelte?
JC: È una domanda che non mi hanno mai fatto e mi sembra una domanda interessante. Immagino di sì. Quando faccio una scelta cerco di farla in modo che mi permetta di comunicare meglio con il pubblico quindi la si può definire "influenzata".

ES: Lei pensa di essere un cantante libero oppure no? Non capita a volte che i grandi cantanti siano tiranneggiati dai grandi direttori d'orchestra o dai grandi teatri allo stesso modo in cui i giovani emergenti sono tiranneggiati dagli agenti che li mandano allo sbaraglio? Crede che ad un certo punto della carriera si possa essere liberi nel compiere le proprie scelte?
JC: Sì, bisogna avere il coraggio di essere liberi. Tutti talvolta, io per primo, siamo dovuti scendere a compromessi, fare delle cose che sappiamo che sono sbagliate, questo succede in tutte le professioni del mondo. Un cantante però deve avere il coraggio di dire di no. Soprattutto quando si arriva ad un certo livello dire di sì è estremamente facile; è proprio questo il momento in cui bisogna imparare a dire di no.

ES: Le facciamo tanti auguri anche perchè sappiamo che domani diventerà Cavaliere della Repubblica Italiana. Il Presidente della Repubblica le darà questa onorificenza. Ne ha avute altre in altre nazioni?
JC: Sì ne ho ricevute parecchie in molti paesi del mondo lo dico senza arroganza. Qualche anno fa ho ricevuto dalla Repubblica Italiana il titolo di Grand'Ufficiale. Questa onorificenza per me è un grande stimolo non solo artistico o professionale ma anche uno stimolo per continuare nell'aiuto alla ricerca scientifica.

ES: Qual'è stato il momento più bello della sua vita?
JC: Ne vivo in continuazione di momenti molto belli. Sono una persona straordinariamente fortunata, sono nato in una famiglia di sani valori, ed ho potuto fare nella vita ciò che più mi piace: debutti, grandi teatri, ma soprattutto soddisfazione interiore.
A livello personale, logicamente, ogni volta che un malato di leucemia viene sottoposto al trapianto e dunque sarà probabilmente guarito grazie alle nostre iniziative, &grave una enorme soddisfazione che ti fa sentire veramente utile, mentre nel canto molti altri possono fare quello che faccio io.

ES: Tanti auguri per il concerto di domani e speriamo di vederci presto.
JC: Grazie mille arrivederci.

Trascrizione di Laura Bandiziol


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