Maria Callas


Curiosità


I genitori di Maria avrebbero voluto un maschio, per rimediare alla perdita del figlio Vasily, morto durante un'epidemia di tifo a soli 3 anni nel 1923. Quando la madre apprese che si trattava di una femmina, per i primi giorni non volle nemmeno vederla, ed il padre non si curò di registrarla all'anagrafe.

All'età di 5 anni fu investita da un'auto nella 192a strada a Manhattan, e rimase in coma per ben 22 giorni prima di riprendersi.

Ad undici anni partecipo' alla trasmissione radiofonica "L'ora del dilettante", cantando "La Paloma" e vincendo il secondo premio (un orologio Bulova).

Maria aveva una sorella maggiore di 6 anni, Jakinthy detta Jackie, che era la prediletta in casa, ed inizialmente solo a lei venivano impartite lezioni di canto e di pianoforte: Maria era costretta ad ascoltare dietro la porta le lezioni, riuscendo ad imparare subito quello che la sorella apprendeva con difficoltà.

Il primo amore di Maria fu la Carmen, di cui cantava continuamente l'Habanera, alternandola però con "Je suis Titania" dalla Mignon, per "tenersi aperte tutte le strade".

Alla fine del 1936 la madre decise di tornare in Grecia, separandosi di fatto dal marito, e Maria ne soffrì, essendo più legata al padre.

Maria torno' in Grecia ai primi di febbraio del 1937, sulla nave italiana "Saturnia". Sua unica compagnia nel lungo viaggio (circa un mese) furono i tre uccellini David, Stephanakos ed Elmina, con i quali sembra si esercitasse nel canto, palpandone le gole per carpirne i segreti durante il cinguettío.

Lo studio presso il Conservatorio Nazionale di Atene sotto la guida della Prof. Trivella non fu particolarmente proficuo: da adulta ricordava il periodo come una totale perdita di tempo, tanto che sosteneva che l'adorato canarino David le aveva insegnato di più...

Il fatto di essere molto miope la costrinse sempre ad effettuare sforzi di memoria e di concentrazione enormi: in tutta la sua carriera ha interpretato decine di opere in teatro senza mai riuscire a vedere il direttore.
Era quindi costretta, per non sbagliare gli attacchi, ad imparare alla perfezione non solo la sua parte ma anche le parti degli altri personaggi.

Maria debuttò quindicenne nel 1938, come Santuzza nella Cavalleria Rusticana di Mascagni, quando ancora era studente al Conservatorio Nazionale.

Il suo debutto con una compagnia di professionisti fu nel 1942, nel teatro di piazza Klatmonos, ad Atene, come Tosca.

Nonostante il debutto di Atene ed il successo degli anni seguenti, Maria non fu mai convinta del personaggio di Tosca.
Diceva: "Nel primo atto Tosca è solo una donna gelosa che si compiange di continuo. Il secondo atto si regge interamente sul Vissi d'arte, che io penso dovrebbe essere tagliato poiché blocca completamente l'azione scenica dell'atto intero."(!!)

Maria fu praticamente costretta a tornare negli Stati Uniti, in quanto l'Ambasciata minacciava di toglierle la cittadinanza se non fosse tornata.
Al suo ritorno in America sperava di riuscire a lavorare, ma le furono negate diverse audizioni, compresa quella con Toscanini promessale da Nicola Moscona ai tempi in cui Maria era studente in Grecia.

Nello stesso periodo il Met sembra che le propose di affrontare il ruolo di Cio Cio San nella Butterfly di Puccini, ma Maria rifiutò perché non aveva il fisico per interpretare la gracile Butterfly.

A New York Maria fece la conoscenza di Eddie Bagarozy, piccolo impresario marpione che le promise di farla debuttare nel ruolo di Turandot in un allestimento a Chicago.
Tutto si risolse in una bolla di sapone, ma Maria ebbe la fortuna di conoscere Nicola Rossi-Lemeni, che era giunto dall'Italia apposta per queste recite e che le promise che l'avrebbe aiutata.

Rossi-Lemeni la aiutò sul serio: la propose per le recite di Gioconda all'Arena di Verona. Maria venne ascoltata dal tenore Zenatello e subito scritturata. Prima che Maria partisse, il losco impresario Bagarozy, con un raggiro, si fece nominare procuratore ed unico Agente di Maria Callas.
Questo contratto provocò negli anni a venire molti problemi di natura giuridica.

Il viaggio da New York all'Italia Maria lo compì su una nave da carico, mangiando patate e poche altre schifezze.

Nel 1947 pesava, come affermato in un suo scritto, 170 pounds, cioè circa 80 Kg, dopo una dieta che le aveva fatto perdere 20 Kg.

Sempre nel 1947, appena arrivata a Verona, incontrò G.B. Meneghini, un uomo d'affari molto più vecchio di lei, con cui stipulò un contratto che coinvolgeva gli affetti e gli affari. Per sei mesi Meneghini si sarebbe preso cura di lei spesandola di tutto e lei gli avrebbe offerto il suo amore.
Non sappiamo se Maria sia stata costretta ad accettare questo contratto "speciale" perché in situazione di estremo bisogno o se, come affermano le lettere scritte da Maria, fu un colpo di fulmine. Per certo sappiamo che almeno in questo iniziale periodo Meneghini non aveva affetto per lei ma solo attenzione sessuale.

Durante la prova generale della Gioconda all'Arena, mentre usciva in palcoscenico, Maria non vide uno dei cunicoli che portano nei sotterranei e vi cadde dentro. Si procurò una slogatura alla caviglia che le dava dolori fortissimi.
Dovette fare la recita quasi immobile sul palcoscenico perché non riusciva a camminare.

Strano a credersi, Meneghini, l'uomo che più avrebbe dovuto sostenere moralmente la Callas alla vigilia del suo debutto all'Arena, non parlò mai in nessuna delle ardenti (e anche ipocrite?) lettere a Maria dello spettacolo che la vide protagonista.

Nella lettera di presentazione che il maestro Serafin scrisse, poco dopo la recita di Gioconda, ad una valida insegnante verso la quale aveva indirizzato Maria per correggere alcune imperfezioni nell'emissione della voce, la presentò come la signorina Kallas!!!

Sempre nel 1947, ad una audizione alla Scala tenuta dal maestro Labroca, dopo l'esecuzione di Casta Diva e di O cieli azzurri Maria si sentì dire la solita frase: "per ora con gli artisti siamo al completo, ma terremo presente il suo nome".
Con Meneghini Labroca fu più esplicito: "quella giovane cantante non vale nulla; farebbe un affare se la rispedisse in America".

Il sovrintendente de La Fenice di Venezia da tempo cercava di contattare Maria, perché il maestro Serafin voleva inaugurare la stagione 1947-1948 con Tristano e Isotta di Wagner e desiderava Maria come protagonista.
Nonostante Maria non conoscesse per nulla la parte, fu costretta da Meneghini a fare l'audizione. Fortunatamente era una ottima musicista e leggeva impeccabilmente a prima vista: l'audizione andò benissimo e Maria ottenne la parte.

Nel 1947 per Gioconda all'Arena Maria ottenne un cachet di 40.000 lire a recita, per Tristano a Venezia nel Gennaio 1948 il cachet salì a 50.000 lire, per Turandot a Roma 90.000, per Aida a Torino 100.000 lire a recita.
Meneghini stava ottenendo ciò che voleva: amministrare la carriera ed il patrimonio di quella che si stava rivelando un'artista senza confronti.

Nel 1949 Maria fece settanta recite più alcuni concerti; cento recite nel 1950. La sua carriera non aveva più ostacoli.

Alla fine del 1948 abbiamo la testimonianza di una lettera in cui Maria invoca la morte: non lo aveva mai fatto prima, neanche nei momenti di maggior sconforto.
Lo fa in un momento artistico per lei molto felice, alla vigilia della Norma di Firenze, quando la sua volontà di perfezione supera le immense capacità della sua voce.

Nel gennaio del 1949 a Venezia Maria compì una prodezza che passò alla storia: cantò Brunilde nella Walkiria e tre giorni dopo interpretò magnificamente Elvira nei Puritani di Bellini, due ruoli che dal punto di vista tecnico, vocale e interpretativo sono agli antipodi.
Ma le sue enormi capacità le permettevano di compiere queste prodezze.

Nel 1949 Maria si sposò, precisamente il 21 di Aprile. Ma non lo fece come ogni sposa al mondo desidererebbe; fu costretta a farlo in modo dimesso e non all'interno della Chiesa, ma nella sacrestia. Oltre agli sposi erano presenti solo due testimoni, il Parroco ed il sacrestano.
Tutto ciò perché Maria era di religione ortodossa e da qualche tempo conviveva con Meneghini, quindi era considerata una pubblica peccatrice. Solo con il Concilio Vaticano II cancellò o per lo meno mitigò le difficoltà che incontrò Maria per potere ufficializzare la sua unione.

Dopo l'ufficializzazione della sua unione ciò che più desiderava Maria era di potere cantare nel tempio della lirica mondiale che non molto tempo prima le aveva sbattuto la porta in faccia: La Scala di Milano.
Lì cantavano le più celebri primedonne, per esempio Renata Tebaldi, lì ci doveva essere posto anche per Maria.

Maria debuttò alla Scala nel febbraio 1950, interpretando il ruolo di Aida, sostituendo Renata Tebaldi che si era ammalata.
La presenza alla Scala della grande Callas passò quasi inosservata: anche "Il Corriere della Sera", quotidiano italiano molto rinomato, scrisse solo poche righe.

Soltanto grazie all'aiuto di Arturo Toscanini e in parte anche della figlia di questi, Wally, molto conosciuta e stimata nell'ambiente scaligero, Maria poté entrare alla Scala dalla "porta principale".

Quando Toscanini conobbe Maria Callas, nel settembre 1950, dopo una lunga audizione in cui Maria ebbe l'occasione di cantare alcune pagine del Macbeth di Verdi, rimase stupito e meravigliato dalla grandezza di questa voce.
Egli stesso disse: "Non ho mai diretto Macbeth perché non ho mai, in tanti anni, trovato la cantante che potesse interpretare Lady Macbeth. Lei è la cantante che mi serve. Farò Macbeth con lei alla Scala. Presto riceverà una lettera dal teatro.

Il sovrintendente della Scala, Antonio Ghiringhelli, lo stesso che pochi mesi prima non aveva quasi degnato di uno sguardo Maria quando sostituì la Tebaldi nell'Aida, scrisse una lettera molto ossequiosa alla Callas, chiedendole la disponibilità per i mesi di Agosto e Settembre del 1951.

Nonostante Toscanini avesse voluto la Callas alla Scala con lui per interpretare Lady Macbeth, non amava la voce di Maria. Egli considerava Maria una artista, una donna con una voce possente, importante, ma non bella. Toscanini fu sempre perplesso riguardo al colore ed alla asprezza della voce della Callas; preferì sempre la Tebaldi, che egli stesso definì "voce d'angelo".

Il Macbeth alla Scala con la coppia Toscanini - Callas per vari motivi non fu mai allestito. Probabilmente questo incrinò anche se impercettibilmente i rapporti tra Maria ed il grande maestro che non furono più amichevoli e cordiali come prima. L'amicizia con Wally Toscanini rimase intatta. La figlia del maestro, che faceva parte del consiglio di amministrazione della Scala non perdeva occasione per proporre la Callas in occasione degli allestimenti scaligeri più prestigiosi.

Ghiringhelli e Wally Toscanini decisero che Maria doveva diventare la stella della Scala, e così fu: il 7 dicembre 1951 inaugurò la stagione lirica interpretando Elena nei Vespri Siciliani di Verdi. Solo un mese dopo fu Norma.

Finalmente Maria era riuscita ad ottenere ciò che più desiderava. Nel teatro simbolo della rinascita italiana postbellica Maria interpretò 26 opere, e fu per 160 sere la regina incontrastata del teatro lirico più importante del mondo.

Il cachet che Maria percepiva per ogni opera da lei interpretata era, per quei tempi, esorbitante: per la stagione 51/52 Maria ottenne un compenso di 300.000 lire per recita. Nel 53/54 il compenso era salito a 375.000 lire per recita più diversi "benefit" fuori contratto. Stagione 54/55: 650.000 lire a recita. Stagione 55/56: 700.000 lire a recita più 100.000 lire fuori contratto. Nel '57 Maria arrivò a percepire l'esorbitante cifra di 700.000 lire a recita più un bonus fuori contratto di 150.000 lire a recita a titolo di rimborso spese di soggiorno e studio privato degli spartiti.

Rudolf Bing, il sovrintendente del Metropolitan di New York, non volle mai cedere ai ricatti imposti dal marito di Maria in nome e per conto di Maria stessa. Se la Scala era d'accordo, lui non lo era e, fino a che Meneghini e la Callas non fossero scesi a miti consigli in materia economica le porte del Met non si sarebbero aperte a Maria, anche se Bing nutriva una profonda stima nei confronti della Callas e avrebbe voluto averla a New York sin dal 1950.

Nel 1954 Meneghini riuscì a concludere un contratto con l'Opera di Chicago: Bing, accusato dalla opinione pubblica di essersi fatto sfuggire la più grande cantante del secolo, dovette cedere alle "folli" richieste dei coniugi Meneghini.

Il sovraintendente della Scala, Antonio Ghiringhelli, dovette adattarsi a dividere la Callas con tre teatri Meneghini, orgoglioso di avere in pugno Ghiringhelli, faceva delle richieste a dir poco strabilianti: la Callas ottenne tre opere alla Scala e tutte e tre nelle date a lei più confacenti. Prima venivano i rapporti con il Met e con Vienna, dove imperversava Karajan, poi, fanalino di coda, la grande e prestigiosa Scala.

Ma se Ghiringhelli era schiavo della Callas e di Meneghini, gli altri responsabili del Teatro alla Scala erano indignati per il comportamento della Callas e costrinsero Ghiringhelli ad inviare una lettera risentita al grande soprano. Erano le prime avvisaglie della rottura.

Problemi di non poca entità creava anche l'ossessionante presenza del marito sempre a fianco di Maria. Parlava per lei, rispondeva per lei alle lettere, intercedeva per lei in ogni occasione. Anche il grande Gavazzeni rammentava di avere dovuto parlare con Meneghini di cose che in tutta sincerità avrebbe voluto dire a Maria solamente.

Anche i rapporti con i giornali erano tenuti dal marito, e ciò non aiutò certo il progredire della carriera di Maria. In pochi anni suo marito era riuscito a creare il vuoto intorno a Maria, era diventata un fantasma che cantava e spariva.

Gli addetti ai lavori cominciarono a rilasciare interviste ai giornali con rivelazioni e insinuazioni che incrinavano il piedistallo su cui era appoggiata Maria.
Si cominciò a dire che la Callas aveva un carattere insopportabile, che alla fine degli spettacoli voleva uscire da sola a prendere gli applausi, addirittura Del Monaco disse in una intervista che la Callas gli aveva tirato un calcio negli stinchi per potere prendere gli applausi da sola dopo una rappresentazione. Di Stefano dichiarò pubblicamente che non avrebbe più voluto cantare con la Callas.

I grandi beniamini dei melomani giravano le spalle alla Callas; anche il pubblico cominciò a farlo, specie gli ammiratori di Renata Tebaldi, che consideravano la Callas la causa dell'allontanamento della loro amata dal teatro scaligero.

La rivalità Callas - Tebaldi fu un cavallo di battaglia di molte testate italiane e non, durante tutti gli anni Cinquanta. Le battute tra le due primedonne erano feroci.
La Tebaldi una volta dichiarò alla stampa che se ne andò dalla Scala quando si accorse che per lei non c'era più posto. La Callas: "Renata Tebaldi è una artista senza spina dorsale"; di rimando la Tebaldi: "Non avrò la spina dorsale ma ho ciò che la Callas non ha: un cuore". La Tebaldi buona e remissiva stava vincendo la battaglia: il pubblico stava abbandonando Maria. Eravamo verso la fine del 1955.

Dopo la perdita di peso che la fece diventare una donna estremamente desiderabile, era diventata la beniamina di diversi sarti che creavano modelli apposta per lei. Aveva in quel periodo un guardaroba strepitoso: venticinque pellicce, centotrenta paia di scarpe, duecento tailleurs, trecento cappelli e cinquanta vestiti da sera.

Nonostante Maria, la donna, stesse vivendo un periodo nel complesso positivo, il pubblico si stava staccando sempre più da lei: non la riconosceva più come la grande piccola greca che per almeno tre anni, alla Scala, aveva fatto sognare intere schiere di melomani.
Inoltre, la Callas non fu mai osannata dalla critica, perché le sue innovazioni spaventavano non poco i giornalisti incaricati di recensirla. I giovani erano più inclini a vedere questa "voce nuova" in maniera positiva, le grandi firme del giornalismo raramente si sbilanciavano davanti a interpretazioni così diverse dalla tradizione.

Il critico più in auge negli anni cinquanta, Guido Pannain, vero vate della critica italiana non diede mai alla Callas la gioia di lodare la sua voce in maniera inequivocabile. Anche quando era costretto ad ammettere che era indubbiamente una artista come pochi altri, trovava sempre il modo di inserire nella recensione una frase che limitasse o condizionasse la sua lode.


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A cura di Laura Bandiziol


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